Non tutte le vitamine D sono uguali: ecco quale devi scegliere per assimilare davvero

Tra tutte le vitamine, la D riveste un ruolo fondamentale per il benessere dell’organismo umano, soprattutto per la salute delle ossa, del sistema immunitario e la regolazione del metabolismo del calcio. Tuttavia, non tutte le forme disponibili sul mercato presentano la stessa efficacia nell’essere assimilate e utilizzate dal corpo. Comprendere le differenze tra le diverse tipologie di vitamina D è essenziale per scegliere quella più adatta alle proprie necessità e garantirsi il massimo beneficio a livello fisiologico.

Le principali forme di vitamina D

Quando si parla comunemente di “vitamina D”, si raggruppano sotto questa definizione due principali varianti: vitamina D2 (ergocalciferolo) e vitamina D3 (colecalciferolo). La vitamina D D2 viene sintetizzata a partire da funghi e alcune piante dopo esposizione ai raggi ultravioletti ed è utilizzata in alcuni integratori di origine vegetale o sintetica. La D3, invece, è la forma prodotta naturalmente nella pelle umana a seguito dell’esposizione alla luce solare UVB, ed è presente anche in alcuni alimenti di origine animale come pesce grasso, uova e fegato.

Entrambe le forme sono liposolubili, cioè si sciolgono nei grassi, e vengono convertite dal fegato e dai reni nella forma attiva che esercita gli effetti benefici sull’organismo. Tuttavia, è stato ampiamente dimostrato che la vitamina D3 è più efficace nell’aumentare e mantenere i livelli di vitamina D nel sangue rispetto alla vitamina D2. Questa superiorità deriva dalla migliore biodisponibilità e dalla maggiore affinità della D3 per i recettori specifici dell’organismo. Per tale ragione, in caso di carenze o laddove sia indicata un’integrazione, il colecalciferolo (vitamina D3) rappresenta la scelta migliore per la maggior parte della popolazione.

Distinzioni tra forma fisiologica e terapeutica

Nel vasto panorama della vitamina D, oltre alle distinzioni D2 e D3, esistono anche forme più attive e specifiche impiegate in ambito medico: il calcifediolo e il calcitriolo. Queste molecole rappresentano gli stadi metabolici successivi a cui la vitamina D viene trasformata, principalmente nel fegato e nei reni. Tuttavia, la loro somministrazione come integratore è indicata soltanto in soggetti con particolari problemi metabolici, come insufficienza epatica o renale, dove la trasformazione stessa della vitamina può essere compromessa. Utilizzare queste forme più attive senza una reale necessità può risultare rischioso, comportando un sovraccarico per l’organismo e un innalzamento eccessivo dei livelli ematici di calcio.

Dunque, per la popolazione sana, l’integrazione deve riguardare il colecalciferolo (D3), che è la variante fisiologicamente prodotta dalla pelle durante l’esposizione solare e che offre elevate garanzie di efficacia e sicurezza d’uso. Le forme attivate (calcifediolo e calcitriolo) sono invece riservate a casi clinici particolari.

Come ottimizzare l’assorbimento della vitamina D

Un aspetto fondamentale per ottenere il massimo beneficio dall’integrazione è la modalità di assunzione. Trattandosi di una vitamina liposolubile, la vitamina D viene assorbita meglio se assunta durante un pasto che contiene una quota di grassi, in particolare mono o polinsaturi. Studi scientifici hanno evidenziato un aumento dell’assorbimento anche del 32% se l’integratore viene assunto non a digiuno, ma con alimenti ricchi di grassi buoni, rispetto all’assunzione contemporanea a pasti poveri di lipidi o a stomaco vuoto.

Per questa ragione, è consigliabile assumere la vitamina D durante uno dei pasti principali – ad esempio pranzo o cena – che includa una fonte di grassi, come olio extravergine d’oliva, avocado, frutta secca, uova o pesce grasso. Questa strategia favorisce la dissoluzione della vitamina nei grassi alimentari, migliorandone la stabilità durante la digestione e promuovendone il migliore assorbimento intestinale.

Fattori che influenzano la biodisponibilità

  • Composizione del pasto: La presenza di grassi favorisce l’assorbimento; pasti particolarmente magri limitano invece la disponibilità della vitamina.
  • Stato di salute intestinale: Malattie o condizioni che impediscono l’assorbimento dei grassi, come la celiachia o problemi al pancreas, possono compromettere anche l’assimilazione della vitamina D.
  • Età e metabolismo individuale: Persone anziane o con disturbi metabolici possono richiedere attenzioni aggiuntive e tipi di integrazioni più mirate.
  • Forma farmaceutica: Oli e capsule molli sono solitamente più indicate perché garantiscono una veicolazione ottimale della vitamina D rispetto a compresse solide, soprattutto se abbinate a pasti adeguati.

Quando assumere la vitamina D: momenti migliori della giornata

Un altro aspetto oggetto di attenzione è l’orario dell’assunzione. Non esistono prove che indichino una sostanziale differenza di efficacia tra mattina e sera, purché la vitamina venga assunta con un pasto contenente grassi alimentari. Pertanto, la scelta del momento della giornata è legata principalmente alle abitudini personali e alla maggiore regolarità nel rispettare l’assunzione quotidiana.

I rischi di un’assunzione non consapevole

Il desiderio di migliorare la salute delle ossa, del sistema immunitario e prevenire carenze vitaminiche può spingere all’acquisto indiscriminato di integratori, spesso senza una reale valutazione dei bisogni individuali. Tuttavia, l’assunzione di dosi eccessive o inappropriate di vitamina D può comportare rischi importanti, come l’ipercalcemia (eccesso di calcio nel sangue), con conseguenze su reni, cuore e apparato digerente.

Per questo motivo:

  • Gli integratori di vitamina D dovrebbero essere scelti preferendo la forma D3 (colecalciferolo), più efficace e meglio studiata in termini di sicurezza e impatto sui valori ematici della vitamina.
  • La vitamina D3 rispecchia la modalità naturale di produzione dell’organismo, è quella più comunemente carente e richiede il supporto di grassi alimentari per una assimilazione ottimale.
  • Solo in casi particolari, e sotto controllo medico, può essere prescritta la forma già attivata (calcifediolo o calcitriolo), ma tale scelta non è indicata per l’autoprescrizione da parte di soggetti sani.

Infine, è buona regola valutare periodicamente i propri livelli di vitamina D, specialmente in assenza di una esposizione solare adeguata, in caso di dieta povera di alimenti di origine animale o per condizioni cliniche che richiedano un incremento del fabbisogno vitaminico.

In sintesi, informarsi sulle vere differenze tra le varianti disponibili e sulle modalità di assunzione consente di evitare errori comuni e di ottimizzare i benefici dell’integrazione, garantendo all’organismo i corretti apporti e una reale assimilazione di questa vitamina così importante.

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